La giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 350 del 09/01/2013, Cass Sez. 3, Sentenza n. 5324 del 04/04/2003, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5286 del 22/04/2000, Sez. 1, Sentenza n 14899 del 17/11/2000; v. anche C. Cost. 29/02) ha costantemente affermato che il tasso moratorio non è sottratto al divieto di usura.
Sul punto la Suprema Corte è recentemente intervenuta con la recente ordinanza Sez. 3, n. 27442 del 30/10/2018, riesaminando dalle fondamenta la questione e confutando, sulla base di un'interpretazione letterale, sistematica, funzionale, nonché storica, il diverso orientamento di alcuni giudici; in tale occasione, la Suprema Corte ha quindi precisato che la legge prevede per ciascuna categoria di operazioni un unico tasso soglia, da applicarsi sia agli interessi moratori sia agli interessi corrispettivi.
Inoltre, per la stessa Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 27442 del 30/10/2018, il tasso soglia di cui all'art. 2 della l. n. 108 del 1996, determinato in relazione al tipo di operazione, deve essere applicato agli interessi moratorisenza alcuna maggiorazione o incremento; sul punto deve però registrarsi una difformità di orientamenti, dato che, al contrario, la successiva Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 26286 del 17/10/2019, ha ritenuto che si debba individuare, sulla base della rilevazione della media dei tassi convenzionali di mora (solitamente costituiti da alcuni punti percentuali da aggiungere al tasso corrispettivo), un separato “tasso soglia di mora”.
Va invece sempre escluso che il tasso effettivo, da confrontare al tasso soglia, possa essere determinato per sommatoria del tasso corrispettivo e del tasso di mora.
La sentenza Cass. civ. n. 350/13, spesso impropriamente richiamata al riguardo, non contiene alcuna affermazione in tal senso, avendo semplicemente affermato, nel solco della costante linea giurisprudenziale sopra richiamata, che sono soggetti al tasso soglia anche gli interessi moratori (risultanti nel caso sottoposto all’esame della corte dal tasso corrispettivo più la maggiorazione per la mora); la più recente e maggioritaria giurisprudenza di merito ha a più riprese affermato l’assurdità logica e giuridica della sommatoria, in base al semplice rilievo che gli interessi moratori non sono destinati ad essere applicati congiuntamente agli interessi corrispettivi ma si sostituiscono a questi.
Né si può richiamare, a giustificazione della sommatoria, la clausola contrattuale, comune nei contratti di mutuo, che prevede, nell’ipotesi di ritardato pagamento, l’applicazione del tasso moratorio sull’intero importo delle rate scadute, quindi sia sulla quota capitale sia sulla quota interessi, poiché tale meccanismo non comporta alcuna sommatoria di tassi; ciò, in quanto, la base di calcolo alla quale si applica il solo interesse moratorio, rimane cristallizzata nell’importo della singola rata; si tratta, in realtà, di un'ipotesi di anatocismo, espressamente legittimata dall’art. 3 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, applicabile ai finanziamenti con piano di rimborso rateale stipulati successivamente al 1° luglio 2000 e, ove ricorrano determinati presupposti, anche prima di detta data.